Dott.ssa katrin Di Lorenzo

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Dott.ssa Katrin Di Lorenzo

Psicologa – Psicoterapeuta

Covid-19: che effetto ha avuto sui bambini più piccoli?

Ora che ci si muove verso quella che ci si auspica possa essere una nuova normalità, in tema di Covid-19 si tirano le somme. I bambini molto piccoli, che prezzo hanno dovuto pagare? Ne abbiamo parlato con l’esperta

Poco a poco si sta tornando a una “nuova normalità”: ora che la maggior parte della popolazione è vaccinata contro il Covid-19 e che si sta per lo più all’aria aperta, le autorità hanno deciso di consentire di levare la mascherina proprio quando si sta outdoor. Persiste l’obbligo di indossarla nei luoghi chiusi, però. Ma quanto davvero siamo pronti a rinunciare a questo dispositivo di protezione? Anche se spesso indossato in modo scorretto, ormai è una specie di copertina di Linus, fa parte della nostra quotidianità, e vista l’evoluzione del coronavirus, non è escluso che con l’autunno si debba tornare a indossarla sempre.

Ora, comunque, in un momento di relativa tregua dalla pandemia, è tempo di bilanci: cosa ci ha tolto? Cosa ci ha insegnato? Quali categorie hanno pagato il prezzo più alto? Senza fare a gara, si è tanto parlato di anziani, marginalmente di adolescenti e di bambini in età scolare, ma non si è proprio affrontato l’argomento “bambini molto piccoli”, per capirci quelli dai 0 mesi ai 5 anni. Essendo loro totalmente dipendenti dalla mamma e dal papà ancora ed essendo in quella fase di alfabetizzazione e di conoscenza del mondo, si è pensato (erroneamente) che non ne fossero stati toccati.

«E invece no. Ne hanno risentito e i primi effetti li ravvisiamo proprio ora». A parlare è la dottoressa Katrin Di Lorenzo, psicologa e psicodiagnosta in età evolutiva. «Le mascherine limitano la relazione sociale a ogni età, questo è vero, ma ora particolare attenzione va data a chi è nato poco prima o durante la pandemia. Il punto è che la mascherina non consente di far vedere la parte inferiore del volto e questo ha inficiato in parte l’apprendimento del linguaggio nei più piccoli, in quanto a quell’età necessita del movimento della bocca e delle espressioni facciali».

«Non esiste ancora molta letteratura a riguardo, ma gli scienziati cominciano a farsi delle domande. Per esempio, è uscito pochi mesi fa sulla rivista Elsevier uno studio tutto italiano, condotto dai neuroscienziati delle Università di Pavia e di Tor Vergata a Roma, che si focalizza proprio sul potenziale impatto del mancato riconoscimento facciale sulla plasticità sinaptica».

Cercando di spiegarla in breve, il riconoscimento visivo dell’espressione facciale modula le nostre interazioni sociali. Evidenze sperimentali indicano che il volto trasmette molte informazioni fondamentali per l’interazione degli esseri umani. Queste sono codificate a livello neurale in specifiche regioni cerebrali corticali e sottocorticali attraverso attività ed esperienze dipendenti da processi di plasticità sinaptica.

L’attuale pandemia, dovuta alla diffusione dell’infezione da SARS-CoV-2, ha causato rilevanti effetti negativi sociali e psicologici. Le raccomandazioni istituzionali sul distanziamento fisico, vale a dire il distanziamento sociale e l’uso di mascherine, sono efficaci nel ridurre il tasso di diffusione virale. Tuttavia, influenzando anche l’interazione sociale, le mascherine potrebbero compromettere le risposte neurali al riconoscimento di segnali facciali che sono critici per i nostri comportamenti.

E questo è vero ancor più nei primi mesi di vita e quelli successivi: ci si sta interrogando se la mancanza di stimoli salienti potrebbe influire sulla capacità di conservare e consolidare l’apprendimento e i fenomeni di memoria alla base del riconoscimento facciale. Un’esperienza visiva così “anormale” solleva la possibilità di un meccanismo di “reset”, una rinnovata capacità del cervello adulto di subire adattamenti di plasticità sinaptica. Ma da piccolissimi?

«Partiamo dai dati di fatto: la mascherina copre metà volto e i soli occhi a un bambino o a un neonato non bastano per cogliere l’espressione facciale. I bambini in età da asilo nido acquisiscono le competenze verbali, fondamentale è quindi poter leggere il labiale per fissare le parole nella propria testa. C’è l’errata convinzione che il linguaggio si apprenda solo con l’udito, ma non è così: è dimostrato che se si piazza un bimbo molto piccolo davanti a dei cartoni animati in inglese tutti i giorni, questo non impara automaticamente la lingua straniera.

Ma non solo, anche le competenze emotive fanno parte del bagaglio di apprendimento di questa fase. I bambini nati a fine 2019 – inizio 2020 o durante la pandemia questa possibilità non l’hanno avuta. E poi, oggi è anche sconsigliato il contatto, fondamentale a quell’età e in quella successiva della scuola materna per instaurare relazioni tra pari. Questo di sicuro non aiuta a crescere senza paure, ma soprattutto porta all’emarginazione progressiva e all’isolamento le personalità più chiuse e introverse. Insomma, la mascherina pare che abbia ridotto la capacità di sviluppare una certa plasticità neurale tipica di quell’età nei bambini “pandemici”».

«Sarò ancora più provocatoria: nel mio lavoro ho spesso messo l’accento anche sul fatto di dare maggiore supporto alle donne incinte, soprattutto in prossimità del parto o proprio in sala parto. La mamma non trasmette nel pancione al piccolo solo il nutrimento, ma anche le sue emozioni e sensazioni: il clima di paura e di solitudine (ecografie, visite, parto… tutto da sole) che tante donne hanno dovuto affrontare durante il Covid non ha fatto di certo bene al bambino, che è proprio nel liquido amniotico che sviluppa connessioni neurali importanti, che si porterà dietro anche nel mondo extra uterino. L’apprendimento emotivo e relazionale i bambini lo imparano già durante la gravidanza: questo sia di monito nel prendere provvedimenti di sostegno alle puerpere, se mai ce ne sarà bisogno in futuro».

Quindi, che fare per cercare di sopperire a queste mancanze e fare in modo che i nostri bambini non risentano troppo di questa situazione in futuro? «A casa, o comunque in ambienti protetti, è necessario mostrare il proprio volto senza mascherina, intensificando le relazioni tra voi e il bambino, o tra bambini pari.

Per esempio, giocando spesso insieme a vostro figlio, per dare quella sicurezza che a scuola magari manca e spiegando a quelli più grandicelli perché a casa si può essere più liberi e perché a scuola invece è necessario seguire le regole. Se si può, cercate di favorire il rapporto tra pari, organizzando pomeriggi di giochi con amichetti o cuginetti in totale libertà, sempre spiegando però che a scuola si fa come dice la maestra.

Con i neonati o i bimbi pre-nido, cercate di mostrare il vostro volto scoperto, sorridendo e trasmettendo emozioni positive. E a qualsiasi età, abbracciateli: il contatto fisico è fondamentale. Dalla pelle passano informazioni al cervello che nessun linguaggio verbale potrà mai esplicitare».

 

Fonte Vanity Fair

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