Dott.ssa katrin Di Lorenzo

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Dott.ssa Katrin Di Lorenzo

Psicologa – Psicoterapeuta

Dott.ssa Vera GANDINI

Medico chirurgo specializzato in pediatria

Le conseguenze nascoste del trauma infantile

La parola “Trauma” deriva dal greco e significa ferita, danno, sconfitta. In medicina si tratta di una ferita talmente grave da superare le difese naturali del corpo; non guarisce da sola, ha bisogno di cure e assistenza per guarire. In psicologia il trauma è una circostanza in cui un accadimento supera la capacità dell’individuo di proteggere il proprio benessere e la propria integrità psichica. Il trauma infantile è particolarmente significativo perché può compromettere l’intera struttura psicofisica dell’individuo per la sua intera esistenza. Spesso associamo alla parola “trauma” solo eventi particolarmente gravi come l’abuso sessuale, il maltrattamento, il lutto precoce o altri accadimenti particolarmente gravi; tuttavia le recenti ricerche neuroscientifiche evidenziano come anche “semplici” esperienze infantili sfavorevoli possano, se ripetute, portare a percepire esperienze e vissuti traumatici; si parla infatti di trauma nascosto o stress precoce. Le prime fasi della vita, a partire già dai primi giorni della gravidanza, rappresentano un periodo critico per lo sviluppo del bambino. In questa epoca, in cui avviene la formazione dell’organismo, l’esposizione a condizioni stressanti di vario tipo (emozionali, alimentari, tossici) può determinare effetti negativi evidenziabili sia a breve termine che a distanza, fino all’età adulta. Condizioni di stress cronico durante la gravidanza espongono il feto ad un ambiente uterino alterato dal punto di vista biochimico in grado di influenzare lo sviluppo del sistema nervoso in rapida formazione. Lo stress prenatale è stato correlato a complicanze per il nascituro quali prematurità, basso peso alla nascita, ritardo nello sviluppo, alterazione dell’asse dello stress, difficoltà temperamentali e disfunzioni cerebrali che potrebbero contribuire alla patogenesi di disturbi psichiatrici. Quindi, condizioni ambientali sfavorevoli, già prima della nascita, sono in grado di interferire con i nostri geni e determinare la salute e il benessere attraverso modificazioni epigenetiche. Nei primi anni di vita l’organismo possiede grandi potenziali neurologici, somatici ed emozionali. In un sistema di buone relazioni e attaccamento questo potenziale è utilizzabile e alimentato nel bambino, in caso contrario esso può essere spento o deformato. Il bambino è pre-disposto a richiedere protezione ai genitori o ai caregiver rispetto alle minacce percepite; la qualità e la quantità di tali risposte avranno un peso importante su un buono sviluppo della funzione regolativa delle emozioni e delle reazioni fisiologiche ad esse correlate. Se le figure di attaccamento non sono disponibili e/o responsive (i motivi possono essere molteplici) accade che lo stress suscitato da eventi che provocano disagio e paura connessa non vengano adeguatamente regolati e il piccolo possa così percepire livelli di stress e ansia troppo forti per lui da gestire da solo. È importante ricordare che il bambino ha un vissuto di vulnerabilità molto diverso rispetto all’adulto: il piccolo non ha la capacità di valutare i rischi e le minacce dell’ambiente, così come ha ridotte capacità di valutare le lesioni fisiche. Questo tipo di esperienze negative, se protratte nel tempo con frequenza quasi quotidiana, possono portare ad una disregolazione neurocettiva ed emotiva: trauma, attaccamento e regolazione emotiva sono tra loro interconnesse nello sviluppo psicofisico del bambino. La disregolazione neurocettiva, come spiega la teoria polivagale del trauma, comporta che una cronicità di vissuti emotivi negativi (ansia, tristezza, paura) alterino il livello di tolleranza percepito dal bambino rispetto al proprio benessere; il soggetto sviluppa iper o ipo attivazione: se il bambino vive in un ambiente in cui percepisce il mondo come pericoloso, pauroso o triste, svilupperà comportamenti e aspettative adeguate a quanto percepito. Un bambino che non trova una consolazione al suo pianto, una ricerca di aiuto non corrisposta, una paura che non trova nella figura di riferimento conforto,…sono tutti esempi che se cronicizzati nella quotidianità del piccolo possono portare a percepire il mondo esterno come non adeguto alle sue richieste e provocare, di conseguenza, una disregolazione emotiva. La disregolazione neurocettiva porta ad alterazioni del funzionamento del sistema nervoso autonomo a livello di sistema simpatico e parasimpatico; il sistema simpatico è la parte più antica e regola la capacità di fuggire davanti ad una situazione di pericolo, mentre il sistema para simpatico si divide in vago dorsale (porta a reazioni di immobilizzazione davanti al pericolo) e vago ventrale (sviluppatosi coi mammiferi, col legame di accadimento del cucciolo e regola la capacità di ricorrere ad una relazione in grado di farci sentire al sicuro). Ulteriori anomalie strutturali a livello cerebrale possono essere: la riduzione del corpo calloso, alterazioni di asimmetria nella materia grigia e nell’integrità neuronale e/o dei sistemi sensoriali attraverso cui lo stimolo viene elaborato. Un esempio di alterazione fisiologica in soggetti esposti a situazioni traumatiche può essere la regolazione del cortisolo: l’IIS (asse ipotalamo/ipofisi/surrene)è coinvolto nella gestione delle minacce percepite e nella ricerca di sicurezza, il prodotto finale di questo sistema è il cortisolo (ormone dello stress); la produzione di cortisolo risulta alterata in casi di cure genitoriali insufficienti durante l’infanzia, in particolare nel primo anno di vita. Bambini con questo tipo di alterazione hanno una reazione anomala di fronte a molti tipi di stimoli. Un bambino abituato ad avere sempre uno stato di allerta può avere anche in situazioni non gravi come quella traumatica reazioni di rigidità, paura e stress elevate, anche davanti a stimoli poco intensi. I bambini traumatizzati si bloccano nel loro spavento, si bloccano in una sensazione di presente pauroso senza fine. Immaginiamo uno di questi bambini a scuola davanti ad una verifica che lo spaventa, pensiamo a quanto questo stato alterato può influire sulla sua concentrazione, sulle capacità mnestiche e sul pensiero. I rischi immediati o evolutivi possono essere molteplici: regressioni, oppositività, dissociazioni, depressione, comportamenti auto lesivi,… L’attivazione cronica o frequente della risposta allo stress causa inoltre una disregolazione dei circuiti immunitari neuroendocrini, che si traducono in un aumentato rischio non solo di patologie psichiatriche, ma anche fisiche, a conferma della relazione bidirezionale tra psiche e sistemi biologici. Una recente revisione (Oh et al. BMC Pediatrics 2018) ha identificato come l’esposizione ad eventi avversi durante l’infanzia (maltrattamenti, trascuratezza, separazione dei genitori, depressione nei familiari, uso di droghe o di alcool in famiglia, ma anche atti di bullismo da parte dei coetanei) sia associata a ritardo dello sviluppo, asma, infezioni ricorrenti, disturbi somatici e disturbi del sonno. Tale esposizione determina un’alterazione della risposta infiammatoria e immunitaria per cui situazioni stressanti vissute nelle prime età della vita, in virtù dell’interazione tra cervello e sistema immunitario, sono in grado di influenzare lo sviluppo delle cellule immunitarie che, a loro volta, possono influire sullo sviluppo del cervello e sul suo funzionamento a lungo termine. Studi sperimentali su modelli animali hanno dimostrato che la separazione materna ha portato, nei roditori, un aumento della temperatura interna e delle citochine proinfiammatorie nel sangue, suggerendo come lo stress nella prima infanzia derivante dalla interruzione dell’interazione madre-bambino sia associato a processi infiammatori nella vita successiva. Non è difficile quindi comprendere come possa esistere una relazione dose-risposta tra eventi avversi nell’infanzia e molte malattie croniche degli adulti, come malattie respiratorie croniche, ictus, patologie cardiache, disturbi gastrointestinali, cancro, diabete e malattie psichiatriche quali depressione e psicosi. È affascinante e pauroso insieme pensare che esperienze di vita possano portare a vere modificazioni neurologiche e fisiche in grado di lasciare segni veri tangibili e visibili nel nostro corpo. Corpo, emozioni, pensieri sono un continuum e un tutt’uno all’interno di ogni individuo e del suo sviluppo. Se sviluppo una sensazione di allerta e paura tale che questa modifica la mia visione/percezione del mondo, il mio corpo sarà sempre ipervigilante, arrabbiato, impaurito e questo si ripercuoterà sulla mia salute psicofisica. Le avversità durante l’infanzia possono avere conseguenze per tutta la vita, influenzando le basi della salute. Pertanto, la prevenzione, la diagnosi e l’intervento precoci possono avere un impatto positivo e permanente per il benessere di un individuo.       “I bambini sono come cemento fresco. Qualunque cosa passi su di loro lascia un’impronta” Haim Ginott       Dott.ssa Katrin Di Lorenzo, Psicologa, Psicoterapeuta Dott.ssa Vera Gandini, Pediatra

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